Le meraviglie geologiche di Palazzo Adriano e della sua Riserva Naturale Orientata
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Il fascino del lontano passato del pianeta Terra, il desiderio di conoscere le primitive condizioni di vita e scoprire le principali tappe evolutive e l’origine degli organismi primordiali, spinsero in passato ed inducono tutt’ora, gli studiosi e i neofiti, ad intraprendere od approfondire lo studio dei resti fossili animali e vegetali. Ripercorriamo queste tappe, tuffandoci nella storia della geologia e della paleontologia, soffermandoci in particolar modo sulla Riserva Naturale Orientata di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, sito geologico siciliano per eccellenza. Ad accompagnarci in questo meraviglioso viaggio nel tempo è il dott. Antonio Contino (1) laureato in Scienze Geologiche e Dottore di Ricerca in Geologia, presso l’Università degli Studi di Palermo e attualmente contrattista presso la suddetta Università.
Dott. Contino può parlarci della sua esperienza di ricerca nella Riserva Naturale Orientata di "Palazzo Adriano e Valle del Sosio"?
Sin dal 1991 ebbi occasione di lavorare nella valle del Sosio nell’ambito di una convenzione tra il Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università di Palermo e l’Ente di Sviluppo Agricolo. Avevo già maturato una certa esperienza sullo studio stratigrafico dei terreni triassici siciliani durante lo svolgimento della mia tesi di Laurea nei Monti di Termini Imerese, lavorando su rocce similari a quelle dei monti Sicani. Lo studio delle successioni stratigrafiche mesozoiche dei monti di Termini Imerese mi aveva permesso di dare un contributo originale alle ricerche, grazie anche all’applicazione di specifiche tecniche di laboratorio ed allo studio di alcuni fossili, particolarmente utili per la stratigrafia del Triassico, quali appunto sono i problematici conodonti, sotto la sapiente guida del prof. Pietro Di Stefano (Università di Palermo) e del prof. Heinz Kozur (Università di Budapest). Questa mia esperienza di base è stata, quindi, di notevole ausilio nel rilievo geologico dei terreni della valle del Sosio.
Che rocce affiorano nella Riserva Naturale Orientata di "Palazzo Adriano e Valle del Sosio"?
Nell’area della valle del Sosio affiorano depositi permiani e triassici noti con il nome di “mélange del Sosio”, questo ultimo costituito da una serie di scaglie tettoniche ripetutamente sovrapposte.
Nel mélange tettonico si riconoscono prevalenti argille marnose con intercalazioni di calcari marnosi del Triassico superiore, nelle quali sono inglobate delle scaglie di terreni permiani e, subordinatamente, del Triassico inferiore e medio. Localmente sono presenti anche lembi di calcari marnosi a noduli di selce, tardotriassici. I depositi permiani, di mare profondo, sono prevalentemente terrigeni essendo costituiti da argille sottilmente laminate e da arenarie quarzose ricche di mica muscovite e, subordinatamente, da corpi calcarei. Nella “Rupe del Passo di Burgio” affiorano calcari marnosi e calcari arenacei con ammoniti, mentre nella “Pietra di Salomone” e nella “Pietra dei Saracini” si osservano, per lo più, calcari bioclastici (megabrecce). Nei frammenti carbonatici, che costituiscono la roccia, si rinviene una ricchissima fauna e flora marina, ben nota sin dagli studi pionieristici di Gaetano Giorgio Gemmellaro. Gli elementi detritici della roccia carbonatica derivano dall’erosione di diversi orizzonti stratigrafici del Permiano inferiore, medio e superiore. I fossili, presenti nella porzione a grana fine della roccia e che rilega gli elementi detritici, hanno un’età Permiano superiore; quindi si ritiene che sia questa l’età di deposizione degli orizzonti calcarei. I frammenti grossolani della roccia derivano invece dallo smantellamento di antiche scogliere, prevalentemente costituite da organismi incrostanti, per lo più spugne, che si ergevano nella parte superiore di un’antica scarpata sottomarina.
Come si ritiene sia nata la Terra? E quale è la sua età? Quando si formò la crosta terrestre?
La storia della Terra, secondo le teorie più accreditate, si inserisce in quella del sistema solare, per cui nella nebulosa solare in raffreddamento si ebbe la condensazione di solidi, ed il progressivo accrescimento della Terra attraverso l’aggregazione di “mattoni” costituiti da particelle ma anche da corpi solidi “protoplanetari” . Questo accrescimento si ritiene che possa essere avvenuto secondo due probabili modelli: a) accrescimento omogeneo, nel quale i silicati ed il ferro si accumulavano dapprima formando per intero il pianeta e, successivamente, il metallo, separandosi dai silicati andava concentrandosi a formare il nucleo; b) accrescimento eterogeneo nel quale si formava dapprima il nucleo ferroso ed attorno ad esso si accrescevano i silicati. In realtà, i dati sinora disponibili, avvallano la tesi secondo la quale la Terra si sarebbe accresciuta secondo un meccanismo intermedio tra i due modelli proposti. Aumentando la massa del pianeta durante le fasi di accrescimento si dovette avere la progressiva liberazione di energia gravitazionale e, conseguentemente, la generazione di calore sino alla fusione.
L’età della Terra è stata stimata a circa 4600 milioni di anni, mentre le più antiche rocce terrestri sinora reperite (rimontanti a circa 3900 milioni di anni) sono presenti nella crosta continentale. Queste rocce sono state datate utilizzando sofisticatissime tecnologie, basate su metodi radiometrici (il peculiare “orologio geologico” è fondato sul “decadimento radioattivo” imperniato, quindi, sui periodi di dimezzamento noti degli isotopi radioattivi di alcuni elementi, quali il l’uranio, il rubidio, il neodimio etc.).
E' vero che le prime forme di vita si svilupparono nei mari caldi? Come erano questi esseri viventi?
Le più antiche rocce sedimentarie datano al circa 3800-3500 milioni di anni (regione di Isua, in Groenlandia), costituite da una ritmica alternanza di sottili livelli ferrosi e silicei, e caratterizzata da un rapporto tra gli isotopi del carbonio paragonabile a quello prodotto dai processi vitali.
E’ probabile che già allora, grazie ad una prima primitiva atmosfera terrestre, ricca di anidride carbonica, con conseguente “effetto serra”, si stabilirono una gamma di temperature in grado di favorire la nascita della vita. 3500 milioni di anni fa nelle rocce sedimentarie sono presenti livelli di stromatoliti, interpretabili come il prodotto dell’attività di fotosintesi di alghe microscopiche, probabilmente in mari poco profondi e caldi. Circa 2000 milioni di anni fa sono documentate nelle rocce australiane di Gunflint le alghe azzurre: è il momento in cui, l’ossigeno, “prodotto di scarto” dell’attività di fotosintesi algale, passa dall’1% circa del livello attuale (appena sufficiente alla nascita di un debolissimo “scudo dell’ozono”) a concentrazioni progressivamente crescenti sino a circa il 7% circa 670 milioni di anni fa quando si sviluppò la fauna fossile di Ediacara (Australia). Da questo momento in poi si ebbe l’esplosione della vita sul pianeta ed il conseguente incremento dell’ossigeno nell’atmosfera, sino a valori paragonabili a quelli attuali, durante il Paleozoico circa 400 milioni di anni fa.
Quando ebbe inizio l'era Paleozoica? E di quanti periodi è formata? Quali furono le forme di vita in tale era?
Tradizionalmente il Paleozoico si divide in Cambriano, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano, Carbonifero e Permiano. Secondo la scala temporale messa a punto da Harland e collaboratori (Università di Cambridge) nel 1982, e successivamente il Paleozoico iniziò circa 590 milioni di anni fa ed ebbe termine circa 248 milioni di anni fa. Nel primo periodo del Paleozoico, il Cambriano, quando la concentrazione dell’ossigeno atmosferico dovette raggiungere circa il 10% di quella attuale, si assistette alla comparsa della prima fauna marina dal corpo molle, ma già dotata di un duro rivestimento esterno. Durante il Devoniano, circa 400 milioni di anni fa, si diffusero grossi pesci cartilaginei e fecero la loro timida comparsa le prime piante terrestri. Nel Carbonifero si ebbe il grande sviluppo della flora terrestre che diede origine a grandi depositi di carbone (da cui la denominazione del periodo Carbonifero, “portatore del carbone”), nonché degli insetti simili alle attuali libellule, oltre agli anfibi labirintodonti.
Nel Permiano quali furono le forme di vita vegetale ed animale?
I rettili, comparsi nella parte superiore del Carbonifero, raggiunsero già dimensioni ragguardevoli proprio nel Permiano. Vi erano rettili sia terrestri come il famoso Dimetrodonte con la grande cresta dorsale, sia acquatici come il Mesosauro. Si cominciarono pure a diffondere le prime conifere primitive, mentre le felci Glossopteris caratterizzavano vaste estensioni forestali.
Nell'ultimo periodo del Paleozoico, si estinsero moltissimi gruppi di invertebrati, circa i1 95% delle specie viventi, quali furono le cause di questa estinzione?
Durante il tempo geologico si ebbero diverse fluttuazioni nel numero di famiglie e, conseguentemente, nel livello di diversificazione degli invertebrati dotati di apparato scheletrico; la maggiore di queste si ebbe proprio alla fine del Permiano ed è da considerare una vera e propria crisi biologica con massicci eventi di estinzione di massa. Secondo la maggior parte dei paleontologi lo sviluppo della fauna paleozoica sarebbe legato a due parametri: il miglioramento delle condizioni ambientali e la diversificazione in province marine (legato all’elevato gradiente longitudinale nella temperatura oceanica ed alla presenza di barriere sottomarine costituite dalle dorsali oceaniche). Le condizioni di instabilità tettonica, legate alla frammentazione del supercontinente di Pangea, avrebbero determinato profonde modificazione nella distribuzione delle province marine, influendo negativamente sui delicati equilibri degli ecosistemi.
I trilobiti a quale gruppo di invertebrati appartennero? E dove vissero e quando si estinsero?
La classe dei Trilobiti fa parte degli invertebrati detti artropodi (cui appartengono anche gli insetti, i ragni, i crostacei, i millepiedi etc.). Questa classe è totalmente estinta ed era esclusiva del Paleozoico, essendo vissuta dal Cambriano al Permiano. Avevano il corpo suddiviso in tre parti principali ed il torace, in particolare, in tre segmenti lobati, da cui il nome.
Le ammoniti a quale gruppo di molluschi appartengono? Dove vivevano e quando si estinsero?
Le ammoniti fanno parte dei cefalopodi, molluschi marini un tempo molto diffusi ed ampiamente diversificati. Dei cefalopodi sopravvivono oggi i polpi, le seppie ed il nautilo. Gli ammonoidi ed i nautiloidi sono cefalopodi con conchiglia esterna provvista di camere separate da placche trasversali dette setti. I primi ammonoidi sono documentati durante l’Ordoviciano.
Spugne, briozoi, brachiopodi, ostracodi, ci parli di questi primordiali organismi.
Le spugne sono i più semplici animali pluricellulari, con un corpo a forma di sacco nel quale l’acqua penetra attraverso numerosi minuscoli fori, detti pori (da cui la denominazione di poriferi “portatori di pori”).Sono particolarmente diffusi dal Cambriano sino ai nostri giorni.
I Briozoi sono animali acquatici, per lo più marini, viventi fissi ad un substrato e riuniti in colonie a formare strutture compatte, a ventaglio o ramificate. Hanno una impalcatura calcarea o cornea ed un sistema nervoso e muscolare, nonché un apparato digerente a forma di U. Sono comparsi nell’Ordoviciano e sotto tuttora viventi.
I Brachipodi sono piccoli invertebrati marini con valve di dimensioni diverse tra di loro, che racchiudono il corpo vero e proprio. Con il peduncolo carnoso si attaccavano a corpi sommersi. Alcuni erano inarticolati con valve chitinose o fosfatiche, altri articolati, con guscio calcareo unite da una cerniera dentellata.
I crostacei, come già accennato, sono artropodi, tipici di ambienti acquatici e terrestri. Quelli marini comprendono granchi, aragoste, gamberi e cirripedi. Gli ostracodi sono piccoli crostacei con due valve, ampiamente diffusi negli oceani, nei laghi e nei corsi d’acqua. Il corpo dell’animale è contenuto in una conchiglia appiattita lateralmente e con cerniera disposta lungo il margine superiore. Le conchiglie presentano varie fogge, con lobi, scanalature, spine ed increspature. I fossili degli stadi larvali sono particolarmente utili per fini stratigrafici sin dal Paleozoico.
In Sicilia ci sono altre zone di particolare interesse geologico, paragonabili alla Valle del Sosio?
Vi sono numerose aree siciliane di notevole valenza geologica, alcune delle quali costituite a riserva naturale orientata, come quella di Pizzo Chiarastella (con rocce calcaree e silicee prevalentemente mesozoiche) presso Cefalà Diana (Palermo), delle Serre di Ciminna (con rocce evaporitiche terziarie). Di notevole importanza dal punto di vista geologico sono le rocce affioranti nei parchi delle Madonie, dei Nebrodi e dell’Etna.
Quale è la suddivisione dell’era Mesozoica? Il Mesozoico quando ebbe termine?
Tradizionalmente il Mesozoico si divide in Triassico, Giurassico e Cretacico. Secondo la già citata scala temporale di Harland e collaboratori, il Mesozoico ebbe termine circa 65 milioni di anni fa.
Dott. Contino, un’ultima domanda, può dirci in quale periodo si formò il Pangea e quando si frantumò? Nell'era Mesozoica si verificarono altre suddivisioni dei Continenti? Con il termine Tetide cosa s'intende?
Un primo supercontinente sembra sia sorto circa 700 milioni di anni fa, poco prima degli inizi del Paleozoico, e si sia smembrato durante gli inizi del Cambriano. Varie fasi di frammentazione e di collisione continentale si alternarono sino alla perte terminale del Permiano allorché si costituì il supercontinente di Pangea, con un ampio seno di mare denominato Tetide (da Teti madre di Poseidone, il dio del mare della mitologia greca). All’inizio del Mesozoico, si erano individuati due settori, uno settentrionale ed uno meridionale, denominati rispettivamente Laurasia e Gondwana, separati dal vasto oceano della Tetide. Verso la fine del Cretaceo, circa 70 milioni di anni fa, il Gondwana era in progressivo smembramento e così avvenne, anche se in misura, minore, per la Laurasia. L’India, staccandosi dalla Gondwana e collidendo con l’Asia ha dato vita alla catena himalayana. La collisione tra l’Africa e l’Europa ha determinato la scomparsa dell’oceano della Tetide e la nascita delle catene circum-mediterranee.
(1) Antonio Contino è laureato in Scienze Geologiche ed è Dottore di Ricerca in Geologia. E’ stato vincitore di due assegni di ricerca annuali (Stesura della Carta Geologica alla scala 1: 10000 della Piana di Palermo) ed è cultore di materia per i raggruppamenti scientifico-disciplinari GEO/02 (Geologia Stratigrafica e Sedimentologica) e GEO/05 (Geologia Applicata) presso il Dipartimento di Geologia dell’Università degli Studi di Palermo. Sin dal 1990 ha fatto parte di gruppi di ricerca ed unità operative presso l’Università degli Studi di Palermo [Dipartimento di Geologia e Geodesia, Centro Interdipartimentale Ricerche Interazioni Tecnologia Ambiente (C.I.R.I.T.A.), Museo Paleontologico G. G. Gemmellaro, Dipartimento di Beni Culturali Storico-Archeologici Socio-antropologici e Geografici - Sezione Archeologia etc.]. Fa parte, inoltre, dell’Unità Operativa 4.17 del Gruppo Nazionale Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (G. N. D. C. I.) del C. N. R (avente sede presso il Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università di Palermo) ed ha collaborato, e collabora tuttora da diversi anni, al progetto CARG 1988 (Cartografia Geologica Nazionale: Servizio Geologico Nazionale, Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università degli Studi di Palermo, Regione Siciliana), effettuando rilievi geologici di dettaglio di ampi settori della Sicilia occidentale e centro-occidentale . E’ socio fondatore e vice-presidente dell’Accademia Mediterranea Euracea di Scienze, Lettere e Arti – Onlus (A. M. E. S. L. A.) di Termini Imerese, nonché uno dei coordinatori del Gruppo di Lavoro “Le risorse lapidee dall'antichità ad oggi in Sicilia nel contesto mediterraneo” presso detto consesso accademico.
Ha al su attivo oltre 50 pubblicazioni edite in riviste scientifiche accreditate o presentate in congressi nazionali ed internazionali. E’ autore, inoltre, di numerosi articoli e volumi di storia, archeologia, araldica e linguistica con particolare riferimento alla Sicilia settentrionale e centro-occidentale.