La mafia e l’inceneritore
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Appena eletto Lombardo si adopera per ridiscutere le cordate di imprese decise da Totò Cuffaro. Grandi società del Nord ci mettevano la faccia, ma associate a loro anche piccole aziende locali vicine ai clan. «I termovalorizzatori in Sicilia sono l′affare del secolo», con il consueto gusto per l′iperbole, Raffaele Lombardo aveva lanciato l′allarme lo scorso aprile. Proprio in quanto "affare del secolo", ma fosse anche "affare del decennio", l′attuale presidente della giunta siciliana non poteva consentire che l′operazione seguisse il corso predisposto dal suo predecessore, ormai caduto in disgrazia, Totò Cuffaro. In ballo c′è ancora una commessa molto succulenta. Al momento quantificabile in oltre 4 miliardi e mezzo di euro, all′incirca la stessa cifra investita per il ponte sullo Stretto. Una tavola molto ben imbandita, che Cuffaro aveva riservato a pochi ed esclusivi invitati. Alcuni dei quali molto pericolosi. Nel 2003, l′ex presidente della Regione Sicilia, costretto a dimettersi dopo la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, si fece pochi scrupoli. In qualità di commissario per l′emergenza rifiuti, dopo aver posto la Sicilia sulla strada della termovalorizzazione, sfidando l′allora ministro Pecoraro Scanio, stipulò quattro convenzioni per la realizzazione degli impianti. A vincere il bando furono quattro associazioni temporanee d′impresa (Ati): la Tifeo Energia Ambiente, la Palermo Energia Ambiente (Pea), la Sicil Power e la Platani Ambiente. Gli Ati avevano tutti la stessa struttura: i giganti industrili davanti, in bella mostra, e una folla di aziende nane dietro, quasi in penombra. Actelios Spa del gruppo Falck e Waste Italia, della famiglia Colucci, soci di maggioranza degli Ati, garantivano riguardo alla credibilità e alla serietà del progetto. E un passo indietro una decina di piccole aziende, con percentuali di partecipazione all′interno di ciascun raggruppamento mai superiori al 3%, con la funzione di apripista per i subappalti o in qualche caso, sembrano indicare le indagini, per favorire la gestione diretta da parte dei clan. È il caso della società Altacoen, componente dell′Ati incaricata della costruzione del termovalorizzatore di Paternò. In Commissione Ambiente, il Procuratore di Palermo, Luigi Croce si è espresso con queste parole al riguardo dell′azienda in questione: «è diretta espressione del boss Nitto Santapoala che ne ha favorito il consolidamento economico in provincia di Messina». Tutto era stato adeguatamente predisposto. Persino la localizzazione dei termovalorizzatori non era frutto di una scelta dalla Regione, fatta in base a criteri paesaggistici o di impatto ambientale, ma indicata direttamente dalle imprese vincitrici del bando. Insomma più che una gara di appalto, quella per gli inceneritori aveva tutte le sembianze di un accordo sottoscritto a tavolino, che teneva conto di tutti gli equilibri, anche quelli criminali. E infatti nel luglio del 2007 la Corte di giustizia europea interviene e annulla tutto: al bando di gara non era stata data adeguata pubblicità. Praticamente, si è trattato, per l′Europa, di affidamento nominale. Che un preciso accordo esistesse, lo spaevano tutti, a partire dagli altri gruppi industriali del settore rifiuti. Infatti, quando le gare di appalto sono state ripetute dopo l′annullamento della prima, sono andate deserte sia nel 2008, che nel 2009. Neanche Falck e Waste Italia si sono presentate. Il motivo? Il 28 gennaio del 2008 Cuffaro si dimette da presidente e dopo qualche mese viene eletto Lombardo. Di conseguenza, gli equilibri cambiano. Lo annuncia Raffaele Lombardo in persona, che ingaggia una personale crociata contro i termovalorizzatori: non è una preclusione ambientalista, ma il monito che quell′accordo va interamente ridiscusso. Ne è dimostrazione la recente conversione di Lombardo alla termovalorizzazione, proclamata dopo l′incontro con la Prestigiacomo. È quasi certo che Falck e Waste Italia usciranno di scena. Troppo compromessa la loro situazione: la Dda di Palermo indaga sul loro conto, ipotizzando, nell′affare termovalorizzatori, accordi di cartello, infiltrazioni mafiose e il pagamento di una maxi tangente a politici e funzionari pubblici. Dovrebbero subentrare altre due aziende nella nuova commessa, che, a quanto risulta da ambienti del Consiglio regionale, prevederà termovalorizzatori più piccoli e un investimento poco superiore ai 2 miliardi di euro. Le imprese che dovrebbero occuparsee sono Impregilo e A2A. La seconda è sponsorizzata direttamente da Berlusconi, che in Campania le ha affidato la gestione dell′inceneritore di Acerra. Non c′è dubbio che i clan siano già pronti. I boss sapevano degli inceneritori molto tempo prima che venisse approvato dalla Giunta Cuffaro il Piano rifiuti. Il boss di Racalmuto, in provincia di Agrigento, Maurizio Di Gati ha rivelato ai magistrati che nel 2001 «a nome di Provenzano arriva l′ordine di votare Cuffaro» e quando chiede al capomandamento di Sambuca, Leo Sutera qual è il tornaconto, la risposta è: «Il progetto su una grossa discarica ad Aragona e un termovalorizzatore per i rifiuti nella zona di Casteltermini. Ci offre vari posti di lavoro, sia per realizzarla che per mettere dipendenti dentro queste cose». Fonte: [terranews.it]